Col Senno di poi: “te l’avevo detto!”
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Un antico proverbio recita “del senno di poi son piene le fosse”. Chi può dire di non aver mai pronunciato, almeno una volta nella vita, espressioni del tipo “te l’avevo detto?” o “me lo sentivo che sarebbe successo”? Abbiamo la tendenza a credere, sbagliando, di essere in grado di prevedere correttamente un evento, quando ormai questo già si è verificato.
Gli psicologi americani parlano di hindsight bias, quelli italiani di errore del giudizio retrospettivo, a tutti più comunemente noto con “senno del poi!” o “senno di poi!”.
Si tratta di uno dei tanti bias cognitivi esercitati dalla nostra mente. Valutare una situazione a posteriori quando ormai è troppo tardi o inutile.
Quando siamo alle prese con un personale fallimento, e ancor di più con quello degli altri, ci sentiamo tutti un po’ dei chiaroveggenti, in grado di anticipare quale sarebbe stata la giusta mossa da mettere in atto.
È inutile negarlo!
Mostriamo questo atteggiamento quotidianamente, in molti aspetti della nostra vita. Perché? Vogliamo, a ogni costo, che le cose ci accadano sempre come erano destinate ad accadere. È difficile ammettere di aver fallito o di aver commesso un errore di valutazione, ed è altrettanto difficile riconoscere agli altri la libertà di agire in modo autonomo e indipendente dalla nostra volontà e dai nostri consigli.
Nel primo caso giustifichiamo (e spesso sminuiamo) il nostro errore ammettendo di aver comunque previsto la corretta risoluzione, nel secondo caso ci crogioliamo di aver avuto ragione!
La spiegazione del senno del poi sta nell’umana volontà di dare un senso al mondo: riteniamo sia confortante sapere che possiamo prevedere cosa ci sta accadendo e perché.
Gli esperti del settore ci dicono che il bias del senno del poi può diventare un problema quando non si vuole imparare dai nostri errori.
Un fallimento, nostro o di un altro, se accettato, può divenire un’opportunità per fare meglio! Invece del “te l’avevo detto” quanto è più bella la frase “la prossima volta te la caverai alla grande!”?
Beatrice Difino, 3^G
